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 INTERVISTA A GIULIANO PALMA

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fabio spagnuolo

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MessaggioTitolo: INTERVISTA A GIULIANO PALMA   INTERVISTA A GIULIANO PALMA Icon_minitimeDom Nov 23, 2008 3:45 pm

Chi intervista Giuliano “The King” Palma deve sapere che, prima o poi, dovrà fare i conti con l’esuberanza del suo fedele compagno, Marvin. L’imponente Bull Terrier ha cercato, durante il colloquio con l’ex Casino Royale, di attirare continuamente l’attenzione dell'intervistatore con zampate e sniffate e abbaiate varie. E' intervenuto più volte nel colloquio, quasi l'intervistato fosse lui. Era un obbligo ricordarlo anche perché, per la prima volta, appare come interprete nel brano “Best friends”, contenuto nel recente “Gran Premio”.
Con “G.P.” Giuliano ha inaugura una carriera da solista tanto attesa dopo il suo distacco dai Casino Royale avvenuto dopo la pubblicazione di “CRX” (1997) e dopo le fortunate esperienze con i Blubeaters. Ecco il resconto dell'intervista a tre: Rockol, Giuliano e Marvin.


Ci hai messo un bel po’ a dare vita un tuo progetto solista….
Giuliano Palma: In realtà, dopo i Casino Royale, i BlueBeaters mi hanno impegnato gran parte del tempo... Abbiamo prodotto un disco, un paio di tournée, e abbiamo girato i video: tutte cose che però non erano state previste. Ancora prima sono stato impegnato alla lavorazione dell’album della Pina con Patrick Benifei. C’erano diversi progetti in ballo e nei tempi morti mettevo le basi per questo progetto.
Marvin: Woof!
G.P.: Stai zitto, Marvin! Dovevo prepararmi mentalmente e fisicamente a questo nuovo lavoro.

Il disco si intitola “Gran Premio”. Nella foto di copertina sembri lanciare un urlo liberatorio: è stata così lunga e faticosa la gestazione di questo album?
G.P.:E’ sicuramente un urlo liberatorio perché l’idea di lavorare da solo l’ho accarezzata per anni senza mai realizzarla.
Marvin: Woof!
G.P.:Far parte di un gruppo, anche se ti da delle soddisfazioni, ti costringe a mediare le tue idee e i tuoi gusti con altre persone. Così, con il tempo, si è sviluppata l’idea di vedere come sarebbe stato fare le cose con la mia testa. Nel mio caso, però, la scelta è stata condizionata anche da un diverso gusto artistico. I Casino Royale si eravano spostati verso sonorità molto elettroniche mentre io, come ho fatto con i BlueBeaters, volevo riaccarezzare il piacere di suonare strumenti vintage e acustici. Infine, per la produzione di “Gran Premio” non ero più protetto dall’appartenenza ad un gruppo, tutte le scelte ricadevano su di me e quando ho terminato ho sentito proprio il bisogno di lanciare un urlo.

Nei testi di questo disco fai un punto sulla tua vita, ricordi i Casino Royale (in “Musica di musica”), ringrazi i tuoi genitori e le persone che ti sono state vicine. Cosa ti ha spinto a fare questa retrospettiva?
G.P.:E’ vero, sono giunto ad una sorta giro di boa in cui ho raggiunto una tranquillità mentale che mi consente di guardare con più maturità al mio passato.
Desideravo parlare principalmente di me. Sentivo il bisogno di scrivere una serie di testi che mi descrivessero non come un brillante cantante, ma un essere umano con le stesse paranoie o dubbi di chiunque altro.
“Musica di musica”, inoltre, è una lista di cose mai dette. Mi sentivo in dovere di spiegare le scelte fatte sinora. Avevo la necessità di parlare sopratutto a chi si è sentito tradito dalla mia volontà di lasciare la band. Molti ancora mi fermano per chiedermi cos’è successo ai Casino Royale.

Facendo una breve lista delle tue produzioni, tra i lavori più importanti spiccano sicuramente i Casino Royale, i Messaggeri della Dopa (con Neffa), i Soul Kingdom e i BlueBeaters. Cosa ti hanno lasciato queste esperienze e in che modo hanno influito sul tuo modo di fare musica?
G.P.:Ovviamente i Casino Royale non sono stati solamente una band, ma una vera e propria famiglia, amici fraterni con cui ho iniziato a suonare per gioco. Nessuno avrebbe pensato ad una carriera da musicisti: facevamo le cover dei gruppi che ci piacevano e, con il tempo, abbiamo trasformato questa passione in una professione.
L’esperienza con Casino Royale mi è servita moltissimo, mi è rimasta nel DNA e ha influito nel mio stile e nel modo di vedere la musica.
Per quanto riguarda le altre esperienze invece mi sono servite ad aggiustare il tiro e fare delle prove di confronto con l’esterno. Con Neffa in realtà si è trattato solo di un “featuring”: è stata una piacevole esperienza, una delle cose più importanti fatte oltre all’esterno della band. Con i Soul Kingdom e la Pina io e Patrick abbiamo prodotto tutte le basi lavorando solo sui campionatori e suonando solo qualche strumento, con un atteggiamento molto hip-hop. E’ stato molto divertente, ma sopratutto utile come esercizio di scrittura.

E i BlueBeaters?
G.P.:I Bluebeaters sono stati una piccola bomba che mi è scoppiata in mano. All’inizio era un progettino nato in sala prove per suonare con i miei amici di Torino; con il tempo si è rivelato un progetto molto divertente. Nei solchi di “G.P.” ci sono il reggae e lo ska e altre cose che fanno parte del background mio e dei Bluebeaters.

Chi è questo (o questa) O. Branzi che firma con te i brani?
G.P.:E’ la Pina: il suo nome di battesimo è Orsola. Ci conosciamo dall’86 e non è stato quindi un caso che chiedessi a lei di scrivere i testi del mio disco. Avendo un’amicizia così lunga alle spalle e tante passioni in comune le è stato molto facile capire i miei stati d’animo e tradurli in versi.
E’ un’abile scrittrice, lo fa da sempre, e i pensieri sviluppatisi nei periodi passati insieme le hanno fornito il materiale per le parole delle mie canzoni.

Il disco si conclude con la cover di “Stay free” dei Clash, canzone prelevata dall’album “Giv’em enough rope”, 1978. Perché proprio questo brano?
G.P.:La scelta è ricaduta su “Stay free” per un motivo principalmente simbolico. I Clash sono stati l’ispirazione principale per me e i miei amici (non solo i Casino Royale). Quella canzone è un messaggio per questo gruppo di amici: “Stay free” era la nostra canzone, chi sta all’esterno forse non può capire, ma quelli della mia cricca, ora sparsi per l’Italia, quando sentiranno questa canzone avranno di sicuro un colpo al cuore.
Io stesso avrò un nodo in gola ogni volta che la interpreterò dal vivo.

E’ per questo che hai scelto di rifarla in versione acustico-live?
G.P.:Ho voluto dargli una dimensione da festicciola perché dopo l’esperienza con i BlueBeaters non volevo che una cover diventasse l’episodio principale del disco, doveva essere un momento a parte. Ho voluto fare così una versione molto acustica come se l’avessi suonata tra i miei amici.

A proposito di amici. Il quadrupede che mi sta annusando i pantaloni partecipa come cantante nel brano “Best friends”. Come è nata questa collaborazione”?
G.P.:Io non posso vivere senza i cani; Marvin mi segue ovunque e mi sono sentito in dovere di donargli un suo momento di notorietà.
Marvin: Woof!
G.P.:Una notte, mentre eravamo in studio a registrare le voci, Marvin e Cora (il cane della Pina) sono entrati abbaiando. Ho notato che i suoni che emettevano avevano una sorta di cadenza ritmica e così ho provato a inserirli su un loop.Il pezzo poi si è scritto da solo.

Il disco rispecchia le tue aspettative iniziali?
G.P.:Più o meno sì, anche se inizialmente avevo qualche dubbio da verificare riguardo la mancanza di una mia band. In realtà, un po’ alla volta, ho reclutato i musicisti che hanno suonato poi nel disco.
In preproduzione avevo fatto un lavoro di programmazione al computer, ma in studio volevo suonare molti strumenti acustici come i pianoforti, le tastiere Wurltizer, Rhodes e il clavinet. Volevo un suono molto frusciante.
In studio le canzoni hanno preso però una loro dimensione speciale, un po’ elettronica e un po’ no. Non avevo intenzione di ripudiare il mio passato, mi piace ancora molto lavorare con i campionatori, ma volevo creare un perfetto mix tra le due metodiche di lavoro.

Da dove viene il nomignolo “The King”?
G.P.:Arriva dalla famiglia Casino Royale. Era uno sketch che facevamo al tempo con gli amici. Se Claudio Villa era il “reuccio” della canzone italiana io ero chiamato il King. Era un modo di incensare ironicamente la mia voce, che con il tempo è rimasto.

I Casino Royale, anche se attraverso un percorso più macchinoso, potevano diventare quello che sono ora i Subsonica, ti dispiace che le cose non si siano evolute?
G.P.:E’ una cosa a cui non ho mai pensato, anche se altri mi hanno citato questo confronto. Sicuramente i Casino Royale hanno fatto da apripista ad una serie di gruppi alternativi e sicuramente ci sta che i Subsonica abbiano il ruolo che poteva essere nostro. Ma non sto troppo a pensarci., sennò non potrei essere qui ora a presentare il mio disco. Probabilmente doveva andare così.

Concludendo. In “Stay free” gli amici si ritrovano. i Casino Royale lo faranno mai?
G.P.:Mai dire mai. I Casino Royale, in realtà, non hanno emanato comunicati ufficiali di scissione.
So che loro stanno per mettere in cantiere un nuovo disco, ma per quanto mi riguarda non mi vedo assieme a loro in un prossimo futuro, ma visto che una volta non mi sarei mai immaginato un futuro al di fuori dei Casino Royale le cose possono sempre cambiare.
Vedremo.
Marvin: Woof!



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